XXXV CONGRESSO NAZIONALE A.I.F. 1996

	G.Imbalzano - Dalla meccanica classica alla fisica moderna.
     
     ABSTRACT.  I  tried to reduce the theory of this work of synthesis which 
got  inspiration from a not drawn subject of the 1990 competitive examination 
for mathematicians and physicist schools inspectors. It is not recommended to 
stick  just  to  this  interpretation to get to a direct one. It is helpful a 
second thought of this kind on both classical and modern mechanics. From 
Galilei  to Fermat ant through Newton, Lagrange or Hamilton, it is needful to 
get to physicist like Ehrenfest, Dirac and Breit (until now nearly unknown to 
common  high  schools) in order to understand the conceptual upsetting of the 
modern  approach  to  science.  And  now may the problem on the nature of the 
mysterious quark be introduced, without reducing physics to a mere 
philosophical account?
     RIASSUNTO.  Un  tema di concorso ad ispettore del 1990 (non sorteggiato) 
per  la classe di Matematica e Fisica ispira questo lavoro di sintesi, in cui 
ho  cercato  di  alleggerire  la teoria. Nonostante che non sia consigliabile 
limitarsi  solo  a questa "lettura" per una esegesi diretta, si ritiene utile 
un  ripensamento  di questo tipo sulla meccanica classica e moderna. Partendo 
da  Galilei e Fermat, attraverso Newton ed ancora Lagrange o Hamilton, sembra 
opportuno  pervenire a fisici come Ehrenfest, Dirac  e   Breit  (a  tutt'oggi
misconosciuti  in   normali   corsi  liceali)  per   comprendere  appieno  il
capovolgimento concettuale del moderno  approccio  alla  scienza.
	E come introdurre il problema  sulla  natura  dei fantomatici quarks,
senza per ridurre la Fisica a un puro racconto filosofico?
    
	MECCANICA CLASSICA.
I tre principi fondamentali della meccanica vettoriale  di  
Galilei e Newton sono riassunti dalle equazioni del moto durante 
il tempo (t): dpi/dt = Fi + Ri   { i = 1..n }  ove il vettore p 
rappresenta la quantit di moto p= mv =  mdq/dt (prodotto tra 
la massa m  e la velocit v  della i-esima particella). 
     Se nel secondo membro dell'equazione dpi/dt = Fi + Ri la 
forza attiva Fi e la forza di reazione Ri sono nulle, si  ottiene  
il 1 principio  (d'inerzia) se  nullo il primo membro si ha il 
3 principio  (d'azione  e reazione). Il principio di Galilei 
consiste semplicemente nell'equazione dp/dt= F, valida allorch 
si considera una particella singola, in  assenza  di forze di 
reazione R. Analogamente, per il momento angolare L= r^p risulta: 
dL/dt = M ove M rappresenta il momento della quantit di moto. 
Generalizzando, possiamo scrivere:   dpj/dt= Fj {j = 1..3n}   
dove le quantit p sono quindi da intendere quali momenti 
coniugati, cio relativi alle coordinate generalizzate q  ed 
inglobando  in  F le forze compatibili con i vincoli. Tale  
descrizione  della  meccanica  pu  risultare   complicata   e   
poco maneggevole fino a quando non si trovino le grandezze 
invarianti rispetto al sistema di coordinate, quale l'energia del 
sistema di particelle. 
Il metodo della meccanica analitica (che  risale  a  Leibniz,  
Euler, Lagrange ed Hamilton) risolve invece il problema partendo 
dagli  invarianti possibili  onde  pervenire  ai  sistemi  di  
coordinate  pi  adatti  alla descrizione del moto.
In un sistema conservativo  Fdq+dV= 0 sicch  F= -dV/dq  ed 
inoltre: p= T/q`, come si ricava dall'espressione dell'energia:

	T = m(dq/dt)/2 =  pq`/2.

Le  equazioni  del  moto  possono  allora cos esprimersi:

(T/ q`)` = -V/q   ovvero, ponendo L=T-V e ricordando che

	V/q`= T/q= 0, come   (L/q`)` + L/q = 0 . 

L'espressione L  la cosiddetta funzione lagrangiana,  mentre  
l'energia totale H= T+V   si chiama hamiltoniana. Per questa 
valgono  le  equazioni canoniche:
q`=  dH/dp, p`=  -dH/dq, dH/dt=  -dL/dt e nella formulazione 
hamiltoniana si preferisce determinare H= H(q,p,t) anzich
L= L(q,q`,t). Ancora, si dimostra che l'integrale:

	     
	L =   Ldt
	     

 minimo rispetto ad una variazione delle (q;q`) se e solo se  
sono  soddisfatte le equazioni del moto stesse. Analogamente, 
rispetto alle variabili (q;p) per una variazione di H:

	     
	H = Hdt = 0.
	     

	PRINCIPIO DI FERMAT.
			           
	L'integrale W =  pq`dt =  Wdt
			           

si definisce quale azione del moto o funzione caratteristica di 
Hamilton; poich L = W - H , per una  variazione delle variabili 
(q;t) in cui l'energia (H = E) risulta invariante, abbiamo il 
principio di minima azione: dW= 0 , e 
 L(q,t) = W-Et = costante. Tale importante principio appare come  
la  generalizzazione  del  principio dell'ottica geometrica di 
Fermat:

		         
		s= ndt = 0
		           

dove la quantit v = c/n  c  rappresenta la velocit della luce 
relativa. Basti pensare che nella funzione d'onda f(Kq-t), ove   
/K= v , per un valore di K all'incirca costante la "fase 
dell'onda"
		         
	= Kq-t= Kq'dt-t    costante.
		  

Introducendo la costante di Planck h_ = h/(2), per cui
p= dW/dq= h_K,  E= h_, l'equazione d'onda

f/q + (n/c)f = 0  pu  riscriversi  in  forma 

quantistica:   f/q  = -(p/h_)f   (Schrdinger 1926). 

	BOHR (1913, 1927). 
La meccanica quantistica  fu  introdotta  per  risolvere  il  
problema  dei livelli  energetici   del   "corpo   nero"   
(Planck   1900)   dell'effetto fotoelettrico (Einstein 1905) e 
dell'atomo. Bohr tent] il primo approccio a questo problema, i 
cui   livelli  fondamentali  dipendono  dagli  interi  n secondo 
la formula:
	E= -Zm(c/n)/2.
Qui e= 1.6E-19 Coulomb,    m'=  m'M/(m'+M)=  0.5E+6 eV/c sono 
rispettivamente  la  carica  elementare e la massa  ridotta 
relativa al baricentro dell'elettrone di massa m' ed al nucleo 
atomico di massa M, Z il numero  atomico,  la costante 
dielettrica nel vuoto ed = e/(4hc)  la cosiddetta costante 
di struttura fine. Nella versione pi avanzata, Bohr sfruttava le 
relazioni p=  h/l, E= h (De Broglie 1925), che assegnano anche  
ai  corpuscoli  (di elevata energia) il comportamento di un'onda 
di lunghezza l e frequenza . Egli  associava  altres  le 
equazioni della forza centrifuga F= -mq`/r   e dell'energia 
(negativa) dell'elettrone in un campo elettrico centrale:

	E= mq`/2-Ze/(4r)= -Ze/(8r).
	Era cos possibile pervenire anche al valore della
velocit dell'elettrone: v= cZ/n per le orbite circolari di
raggio r= hn/(Zmc).
	Tuttavia, solo  la teoria  di  Sommerfeld  permise di
spiegare le caratteristiche delle orbite ellittiche compatibilmente
con  le  equazioni relativistiche:
	(c)=(E/c)-p, avendo posto = m [1-] quale massa a
riposo, con  = v/c= pc/E (Einstein 1905). Ma occorre riprendere
i metodi della meccanica analitica, soprattutto al fine di spiegarci
nei sistemi fisici la comparsa di determinate grandezze intere
(quantizzazione). 

	EHRENFEST (1914). 
	Se in un sistema fisico introduciamo una perturbazione, 
normalmente si produce una variazione delle grandezze osservabili 
che lo descrivono. Tuttavia, possono esistere delle grandezze 
destinate a  restare costanti in seguito a piccole perturbazioni, 
oppure variabili in seguito ad una  leggera perturbazione solo 
secondo numeri interi: tali grandezze si  chiamano invarianti 
adiabatici. Un esempio viene fornito dall'integrale chiuso 
d'azione
	              
	W =  O PdQ= J O d= 2nJ
	              

per  il  momento  angolare P= J coniugato con la coordinata 
angolare Q= , od in particolare in presenza di moti periodici 
puri. In tal caso, possiamo addirittura considerare la media 
costante W/(2) quale momento coniugato, cosicch  la  coordinata 
canonica relativa  rappresentata da w= (E/p)t+cost.. 
ricordando che   costante rispetto al tempo anche la derivata 
w`= H/p. La perturbazione   relativa ad un certo parametro l, 
che potrebbe essere la lunghezza del filo di un pendolo. Tenendo  
conto  della gravit e della forza centrifuga

	   l+l
	V=   [mgcos  + ml`](-dl)   il lavoro compiuto per un
	   l

lento accorciamento del filo, ove  g  rappresenta l'accelerazione 
di gravit e  l'angolo  formato  dal  filo  rispetto  alla 
verticale (l'esempio  di Ehrenfest). Poich per piccole 
oscillazioni  cos()= 1-2sin(/2)  1-f/2, il lavoro che 
incrementa  l'energia  del moto pendolare, prescindendo quindi 
dal  lavoro  di  innalzamento,  risulta nelle medie su , ':

	     l+l                    __     ___ 
V= V+mgl=  [mg/2-ml`]dl= (mg/2-ml`)l,
	     l

appunto considerando la variazione dl molto lenta rispetto a d. 
D'altra  parte,  per  piccole  oscillazioni l'energia stessa del 
moto pendolare  eguale a:  ______        __       __      ___ 
				
			 V= m(l)`/2 + mgl/2= mgl= mgl`, 
ricordando che nel moto armonico l'energia si distribuisce in  
parti eguali fra i due addendi. Combinando con la precedente: 

	V/V= -l/(2l)= /; ricorrendo alla legge di Torricelli

{ = g/l, risulta pertanto V/= costante= J= nh se si postula 
che J rappresenta  un invariante adiabatico;  cos  si ottengono 
i livelli energetici di Planck:   V= nh=  nh dell'energia (V)  
in funzione della frequenza  dell'oscillatore armonico. 
L'estensione della regola di quantizzazione 

	     
	Wi= O pidqi= nih a pi variabili  possibile solo se esse
	    

risultano separabili nelle equazioni del sistema fisico.
Un esempio  rappresentato dai due possibili modi di vibrazione  
ortogonali per un sistema bidimensionale, che descrivono durante 
il moto tipiche curve (di Lissajous): in particolare, la curva 
corrispondente  risulta  un'orbita chiusa se le due frequenze 
sono  commensurabili,  un'ellisse nel caso di degenerazione in 
un'unico valore (fx= fy). 

	SOMMERFELD (1916). 
Usando l'espressione della forza centripeta per  l'elettrone  
immerso nel campo elettrico di un nucleo di carica Ze, a distanza r:
	F= -(J/r)/(mr)= -Ze/(4r) si ottiene (considerando  il 
momento angolare totale J una costante) l'energia potenziale

	    
	V= -Fdr =  J/(2mr).
	    

L'energia totale H diminuita dell'energia di massa (a riposo) 
c, risulta perci:

	(m-)c= H-c= J/(2mr)-Ze/(4r)= -Ze/(4r)/2 < 0.

Ancora, siccome Ze/(4r)= J/(mr)= Jp/(mr)= Jpc/(Hr), si 
ottiene una velocit che pu considerarsi quella dell'elettrone: 
v=  pc/H=  Zhc/J=  cZ/(nr+nl'), avendo usato la regola di 
quantizzazione J=  Jr+Jl'= (nr + nl')h . Possiamo immaginare  
che  il  momento Jr rappresenti l'oscillazione radiale 
dell'elettrone che orbita  ellitticamente  intorno  al  nucleo  
(in generale, r non  costante), Jl  quella angolare. 
Nell'interpretazione di Sommerfeld, J  rappresenta un  moto a  
rosetta dell'ellisse dovuto alla variazione relativistica della 
massa. Vedremo che nl'  soggetto ad una correzione relativistica 
dipendente dalla stessa velocit dell'impulso pl, perpendicolare 
a pr, ma a questo punto seguiremo al meglio possibile le formule 
di Dirac. L'energia totale H= c-p/(2) rappresenta solo 
l'approssimazione di una relazione quadratica (H/c)= (c)-p   
che, per quanto strano, risulta compatibile con l'equazione 
relativistica a cui soddisf l'energia meccanica E, in assenza di 
campo esterno: (E/c) = (c)+(mv).
La spiegazione pi convincente di tale sconcertante relazione 
verr solo dalla successiva interpretazione di Dirac: nelle 
equazioni della meccanica quantistica, come
(H/c)= (c)+(ip), sono ammesse anche componenti immaginarie, 
per quanto siano misurabili solo le corrispondenti grandezze 
reali, come p. Da quanto sopra si ottiene
(c)-(H/c)= p= (H/c)(Z)/(nr+nl'),
quindi H= c[1+Z/(nr+nl')]-1/2. Occorre infine assoggettare 
nl' alla correzione relativistica  dovuta alla "velocit 
tangenziale" v:

nl'= nl[1-(v/c)]-1/2= nl[1-(Z/nl)]-1/2= [nl-(Z)]^-1/2.

Tenuto conto che nl  da considerare intero e non nl',  ci 
elimina nella formula  la classica degenerazione degli autovalori 
interi nell'unico (nr+nl').
Osserviamo infine come i "quadrati" quantistici dei momenti J= jh 
in realt darebbero il valore osservabile J= j(j+1)h poich nelle 
equazioni corrispondono infatti ad elementi di matrice  e  non  a  
quantit semplicemente vettoriali. Tuttavia, nelle formule 
lineari a cui si riducono le grandezze puramente energetiche  dei  
fermioni  (particelle  di  momento angolare proprio S= h/2) pu 
dimostrarsi la validit dell'approssimazione usata. Tale 
circostanza,  per  cui al  numero quantico angolare j occorre 
sommare un valore semintero s= 1/2 (lo spin), pone in evidenza 
le difficolt della teoria semiclassica di Sommerfeld. 

	DIRAC (1925-28). 
La teoria di Sommerfeld, a parte i valori non seminteri  dei  
momenti angolari a cui occorre sommare un valore di spin   J=  
h/2    permanente per l'elettrone, non  spiega  ancora  l'effetto 
Zeeman anomalo. Per il momento angolare J=lh nell'interpretazione 
di Sommerfeld  0 h/2, Ht>  h/2 (Heisenberg 1927) ove 
per x s'intende qui l'errore quadratico. In base a ci,  quando  
si  determini  p= J,  momento  coniugato  alla coordinata 
spaziale q= ,  quest'ultima    completamente  indeterminata; 
cos pure gli intervalli di tempo, se fissiamo l'energia 
J/(2mr). La velocit del corpo in moto raggiunge allora il  suo  
valore  limite   v= rd/dt = c (velocit della luce). Ora, la 
determinazione di J ed E soddisf proprio a queste  ipotesi: la 
carica dell'elettrone rotante nell'equazione di Dirac  presente 
in un termine cinematico  aggiuntivo  di energia magnetica che 
proviene sostanzialmente da un  doppio  prodotto nello sviluppo 
quadratico dell'energia relativistica.  Raggiunge  comunque, 
secondo la composizione relativistica delle velocit, il 
valore-limite:

	l i m (c-v)/(1-v/c) = c   (rispetto al resto del sistema).
	v-->c

Aldil di tali considerazioni -giustificabili solo  in  base  ad  
una rigorosa analisi della localizzazione probabile 
dell'elettrone-  la  nuova meccanica esige una definizione 
operativa delle misure: gli stessi  modelli matematici devono 
rispondere  a  tale  esigenza,  in  linea  con  una  nota 
interpretazione della meccanica analitica  (Bridgman  1927).  Le  
grandezze osservabili (quali massa, forza e perfino linea  retta)  
possono  definirsi solo  in  base  ai  numeri  quantici o 
autovalori  delle  equazioni differenziali che coinvolgono non 
solo scalari e vettori ma anche matrici. 

	BREIT (1928). 
La trattazione pi rigorosa dell'elettrone vincolato ad un  
nucleo  di carica Ze comporta  in  realt, nello stato 
fondamentale,  un  momento magnetico calcolato da Breit:
M(Z)= m(1+2[1-(Z)])/3 che dipende dalle componenti 
(relativistiche) di J e dalla velocit v= Zc. Si osservi che il 
numero delle dimensioni dello spazio coincide con il

	l i m { M(0) / M(Z) } = 3 .

	Z->0
	
	NOTA. Il risultato precedente pu fornire una spiegazione 
di una sconcertante propriet della fisica moderna.
Nella teoria dei quark (componenti degli stessi protoni, 
Gell-Mann 1961) si  costretti ad imporre a tali componenti della 
materia cariche elettriche multiple di e/3. Ma, nonostante i 
calcoli che derivano  dalla carica  frazionaria  dei quark sono 
del tutto  compatibili  con  le interazioni  delle  particelle, 
non sembra  realizzabile  la  loro decomposizione in quark. 
Ricordiamo ora che la  frazione m/3 del momento magnetico 
dell'elettrone ne rappresenta solo una sua componente spaziale: 
nella stessa prospettiva occorre forse interpretare anche la 
carica frazionaria dei quark. Possiamo concludere con un grande  
insegnamento, gi emerso dalle difficolt emerse in seguito alla 
teoria dell'atomo. I numeri quantici che forniscono le grandezze 
invarianti fondamentali hanno significato  solo relativamente a 
quel dato sistema di coordinate canoniche in cui si misurano le 
grandezze  associate (momenti coniugati). Ci comporta la 
necessit che il modello matematico di un fenomeno fisico venga 
fatto discendere dai principi fondamentali che coerentemente lo 
delimitano, cos come avviene nella meccanica analitica da cui 
ebbe inizio il cammino della fisica moderna.



	BIBLIOGRAFIA MINIMA.                           

1] J.W.Leech, Classical Mechanics, London 1958 Methuen & John Wiley;
2] L.D.Landau e E.M.Lifshic, Meccanica, Torino 1965 Boringhieri; 
3] E.Persico, Fondamenti della Meccanica atomica, Bologna 1939 Zanichelli;
4] M.Born, Fisica atomica, Torino 1968 Boringhieri;
5] G.Herzberg, Spettri atomici e struttura atomica, Torino 1961 Boringhieri.



						Giovanni Imbalzano.

    Source: geocities.com/capecanaveral/1924

               ( geocities.com/capecanaveral)