Dopo l'11 settembre entra in vigore
l'USA Patriot Act
30 Ottobre 2001
di Bernardo Parrella
Trionfa l'emergenzialismo, tempi duri per le libertà civili, soprattutto
quelle online.
"Una legislazione attentamente redatta e considerata." Così George
Bush ha salutato l'atto della propria firma in calce all'USA Patriot Act.
La nuova versione delle norme "anti-terroriste" era stata approvata alla Camera
mercoledì (356 si, 66 no), e il giorno dopo al Senato con maggioranza
più schiacciante (98-1). La cerimonia della firma si è così
svolta alle 11 di venerdì scorso nella East Room della White House,
presenti i maggiori leader parlamentari di entrambe le fazioni.
"Una legislazione, ha proseguito il Presidente USA, che ha incontrato
un grande supporto in Parlamento, poiché difende e rispetta le libertà
civili garantite dalla Costituzione." Peccato che entrambe le affermazioni
siano state contestate da più parti. Come già rilevato, il dibattito
in aula è stato alquanto sbrigativo, scarso il coinvolgimento del
pubblico sulla specificità delle norme in discussione. E sulla tutela
delle libertà civili c'è davvero molto di cui preoccuparsi.
Motivi più che validi per monitorare da vicino le prossime procedure
operative, sperando di non dover assistere a "incidenti di percorso" oppure
a riproposizioni di simili leggi in altri Paesi (Italia inclusa).
"Non credo neppure per un minuto che i cittadini avrebbero volontariamente
rinunciato a queste libertà, qualora avessero saputo con esattezza
quel che stava accadendo." Questa l'opinione dell'unico dissidente al senato,
Russ Feingold, Democratico del Wisconsin, rispetto all'andamento del dibattito
parlamentare. Nel corso del quale aveva anche proposto una serie di emendamenti
"garantisti", tutti ovviamente bocciati. In particolare il senatore si riferiva
a quelle disposizioni che consentono il notevole ampliamento degli strumenti
a disposizione degli investigatori (perquisizioni in casa, sistematico controllo
dei movimenti online) pur senza alcun specifico mandato preventivo. Troppo
grande il potere assegnato alle forze dell'ordine. Come pure eccessivamente
vaga la definizione di "attività terrorista" per la quel un cittadino
non-USA possa essere immediatamente deportato. Ancora, troppo bassa la soglia
dello standard stabilito per consentire indagini di intelligence in terra
straniera.
E' sufficiente tali indagini rivestano un "obiettivo significativo",
a detta delle stesse autorità, per dare il via ad ogni tipo di investigazione.
In pratica, l'FBI potrà controllare e passare al setaccio una marea
di informazioni riservate: conversazioni telefoniche, messaggi email, movimenti
sul web, cartelle cliniche, dati professionali. Il tutto con poche o nessuna
garanzia giudiziaria.
E' vero che la stesura finale include qualche nota più elastica,
grazie all'opera di altri due senatori Democratici, Leahy e Sarbanes, che
hanno fatto opera di compromesso con le posizioni assai rigide avanzate inizialmente
dall'amministrazione Bush. Tra queste, alcune norme contro il riciclaggio
del denaro sospetto, e soprattutto la scadenza della legislazione, imposta
al dicembre 2005. Attenzione però: ciò riguarda soltanto alcune
delle disposizioni finali. Non scadranno, ad esempio, le sezioni relative
all'installazione di Carnivore ed altri sistemi sorveglianza elettronica,
dietro il generico ordine emanato da un qualunque procuratore. Lo stesso dicasi
delle imposizione nei confronti di provider Internet o compagnie telefoniche:
pur in mancanza di mandati giudiziari, questi dovranno consegnare i dati personali
degli utenti (inclusi numeri di telefono ed indirizzi email dei corrispondenti)
qualora l'FBI lo richieda. E ciò senza dover informare neppure il
diretto interessato a fatto avvenuto. Sempre in via definitiva, viene introdotto
un nuovo reato di "cyberterrorismo", ovvero intrusioni informatiche che provochino
perdite di almeno 5.000 dollari l'anno, danni ad apparecchiature mediche
o ferite a persone; pena massima: 20 anni di carcere.
A questo punto non resta che seguire le applicazioni concrete dell'USA Patriot
Act, a partire dalle specifiche linee-guida che l'Attorney General John Ashcroft
si appresta ad emanare quanto prima. Al riguardo va segnalata la presa di
posizione dell'American Immigration Lawyers Association, il cui direttore
ha dichiarato: "...gli straordinari poteri di detenzione, basati su una definizione
molto ampia di terrorismo, rappresentano ancora una forte preoccupazione su
cui terremo l'occhio aperto." Il responsabile dell'American Civil Liberties
Union ha invece ricordato al Congresso la necessità di garantire in
ogni caso il pieno rispetto del "Bill of Rights e dei fondamentali valori
ivi incarnati." Il presidente di People For the American Way, associazione
di tendenze liberal, ha ribadito: "E' una legge ancora pericolosa, e purtroppo
contiene troppe falle che potrebbero danneggiare e limitare importanti libertà
civili."
Al momento le maggiori organizzazioni a difesa dei cyber-rights, EFF ed
EPIC, si sono limitate a segnalare l'approvazione definitiva, in attesa,
c'è da scommetterlo, di ulteriori iniziative. Il sito della prima
non manca però di esprimere "la condanna della legge 'anti-terrorismo'".
Nel frattempo il senatore Feingold va ricevendo un buon numero di telefonate
a sostegno del proprio voto contrario -- il che, visti i tempi di sfegatato
patriottismo, è un risultato nient'affatto trascurabile. "Forse ciò
significa che la patata si farà bollente, e allora non mi tirerò
certo indietro," conferma in un'intervista. "Non ho fatto altro che tentare
di tutelare i diritti di ciascun cittadino."
Fonte: http://www.apogeonline.com/webzine/2001/10/30/13/200110301301