VICEREGNO AUSTRIACO 1707-1734
Il Gran Capitano Consalvo de Cordoba conquistato le provincie contese ai francesi, prese possesso di Napoli il 14 gennaio 1504, in nome del re di Spagna, e ne divenne primo vicerè, rinunciando ai festeggiamenti e alle ovazioni in suo onore.Consalvo de Cordoba che si era distinto sul campo di battaglia per il suo pugno di ferro, non dimostrò la stessa risolutezza nel campo amministrativo. Per riformare e risanare la giustizia promulgò disposizioni per una più corretta amministrazione e riunendo il Parlamento Generale del Regno e chiese che spontaneamente venisse decretato un donativo di 300.000 ducati. L'opinione pubblica però lo incolpò di intrallazzi e interessi privati che giunsero fino in Spagna, rendendo meno cordiali i rapporti fra il re di Spagna e il vicerè. Il re di Spagna, Ferdinando il Cattolico, temendo che Consalvo de Cordoba, stesse tramando per impossessarsi del vicereame, con l'occasione che si era risposato con Germana di Foix, partì per Napoli con la nuova consorte, per rendersi conto personalmente come andavano realmente le cose. Sbarco a Gaeta, il 19 ottobre 1506 e con tutta calma giunse a Napoli il 1° novembre del 1506. Il sovrano dopo aver sentito i notabili del luogo e confermato alcuni precedenti privilegi si rese conto che il vicerè doveva essere sostituito, ma lo fece con astuzia. Disse a Consalvo de Cordoba che aveva bisogno di lui in Spagna per ricoprire cariche molto importanti ed il 14 maggio del 1507 partirono tutti insieme per la Spagna. In Spagna però il re non tenne fede a nessuna delle promesse ed il conquistatore del regno di Napoli fu tenuto in disparte e morì a Granada il 2 dicembre del 1515.
A Napoli era stata nominata luogotenente del sovrano Giovanna d'Aragona, la vedova di re Ferrante, che era stata già regina di Napoli fino al 25 gennaio del 1494.
Purtroppo per lei vi rimase per poco tempo
perchè venne sostituita dal nuovo vicerè, il conte Giovanni di Ripacorsa,
anch'egli un Aragona.
Egli rimase a Napoli soltanto due anni , durante i quali
fu costretto ad indire un parlamento per chiedere un altro donativo di 300.000
ducati, sicchè i napoletani cominciarono a comprendere che non sarebbe stato il
caso di fare tante festose accoglienze a questi vicerè che venivano dalla
Spagna solo per chiedere.
In seguito ad una carestia, nel giugno del 1508,
scoppiarono moti popolari ed il conte di Ripacorsa non si dimostrò all'altezza
del compito affidatogli, per cui venne sostituito.
Il terzo vicerè di Napoli fu il conte Alberto Ramon de Cardona, essendo più un guerriero che un uomo di stato, ebbe più a cuore le campagne militari che la buona amministrazione del vicereame. Morì nel marzo del 1522 e venne sostituito da un nobile fiammingo, Carlo di Lannoy, signore di Maingoval e di Senzille, appartenente ad una famiglia molto devota a Carlo V.
Purtroppo gli anni fra il 1522 e il 1532 furono di
crisi o comunque di transizione: in tutto il regno l'autorità perdeva terreno e
il popolo era sempre più insofferente. Il nuovo vicerè scrisse a Madrid che in
tutto il paese regnava il disordine, specialmente nel campo giudiziario.
Oltre
alle difficoltà di ordine interno il vicerè dovette affrontare quelle esterne,
essendo sempre minacciato dalle pretesi francesi, che rendevano precaria la
situazione politica.
Nel 1527 Lannoy morì ad Aversa e fu sostituito da Ugo de Moncada. Anche questo vicerè si premurò di comunicare all'imperatore la gravità della situazione, dovuta anche al fatto che rilevanti forze francesi al comando del generale Lautrec minacciavano la capitale: le casse dell'erario erano vuote ed i baroni filofrancesi alzavano la cresta, ritenendo giunto il momento per potersi ribellare alla Spagna. I francesi, cinsero d'assedio la città, ma furono costretti a ritirarsi per il sopraggiungere delle truppe da Roma del principe Filiberto d'Orange, il marchese del Vasto e Ferrante Gonzaga.
Nel 1528, durante una coraggiosa azione contro le navi del Doria che impediva agli assediati la fuga dal mare, il vicerè de Moncada morì ed il sovrano, costretto per la gravità della situazione a trovargli immediatamente un successore, scelse il principe d'Orange che era già a Napoli.
Il principe d'Orange cercò di amalgamare le truppe che erano di diverse nazionalità, spagnola, tedesca e italiana e di ristabilire la disciplina che si era molto allentata, anche perchè da un pò di tempo i soldati non riscuotevano il soldo. Più delle armi in aiuto dei dominatori subentrò una grave pestilenza che fece molte vittime tra i francesi compreso lo stesso comandante in capo, generale Lautrec e contemporaneamente essendo sorti motivi di discordia fra il sovrano francese e il Doria: il marchese del Vasto ed Ascanio Colonna riuscirono a convincere il fiero ammiraglio genovese a schierarsi in campo spagnolo.
La fortuna arrise a Carlo V, e il vicerè dopo aver
ottenuto una grande vittoria sui francesi, potè intavolare con loro una
trattativa di pace.
Dopo che il trattato di Barcellona ebbe posto fine alla guerra tra la Spagna e
Clemente VII con la concessione da parte di quest'ultimo all'investitura del
regno di Napoli a CarloV, anche i francesi furono costretti a riconoscere con la
pace di Cambrai la legittimità del dominio dell'imperatore su Napoli.
Il regno
di Sicilia passò quindi con tutti i crismi della legalità agli Asburgo e il
vicerè nel settembre 1529 partì per Firenze per ottemperare ad una delle
clausole del trattato, che prevedeva la restaurazione dei Medici nella città
toscana: meno di un anno dopo, nell'agosto 1530, il principe d'Orange
morì.
Durante la sua assenza, Napoli ed il vicereame erano stati
affidati a un luogotenente, il cardinale Prospero Colonna, il quale era riuscito
ad inimicarsi talmente sia il popolo, sia i nobili, che fu inviata una
delegazione a Madrid per chiedere la sostituzione.
Le proteste dei cittadini napoletani trovarono un'eco
favorevole alla corte spagnola e la scelta del sovrano per la carica di vicerè
cadde sul secondogenito di Federico di Toledo, duca d'Alba e di Maria Ossorio
Pimentel: don Pedro Alvarez de Toledo, marchese di Villafranca.
Con Pedro de Toledo si ebbe finalmente un vicerè che si impegnò costruttivamente nel compito di assestare il regno: don Pedro de Toledo ebbe un lungo periodo di governo, dal 1532 al 1553, durante il quale dimostrò di essere pienamente all'altezza dell'oneroso incarico. Egli riuscì ad imporre un ampio programma di ristrutturazione politica, a realizzare riforme conclusive nel campo delle giustizia e migliorare il piano economico. Si interessò fattivamente anche dei problemi urbanistici, dando alla città un nuovo assetto ed impulso edilizio. Nel 1536 venne in visita a Napoli Carlo V e si compiacque dell'opera del suo vicerè dandogli istruzioni per meglio migliorarla.
Don Pedro de Toledo morì a Firenze il 2 febbraio 1553 dove fu sepolto nel locale Duomo e non nel monumentale sepolcro che si era fatto costruire nella chiesa di San Giacomo degli spagnoli, nell'attuale piazza Municipio.
Fu sostituito dal cardinale Pietro Pacheco, già arcivescovo di Pamplona. Nel 1555 fu chiamato a Roma per incarichi affidatigli dal nuovo pontefice Paolo IV Carafa.
Nel febbraio 1556 giunse il nuovo vicerè,
Ferdinando Alvarez de Toledo, duca d'Alba, un prode guerriero che si era già
distinto però per la sua eccessiva severità, per queste sue doti si era fatto
ben volere da Filippo II, (Figlio di Carlo V, duca di Milano,
re di Sicilia, duca delle Fiandre e re di Spagna dal 1556. Trionfò sulla
Francia nel 1557 con la vittoria di San Quintino e con la pace di Castel
Cambrèsis del 1559. Questo sovrano volle che Madrid fosse la capitale della
Spagna. Morì nel 1598).che lo aveva inviato a Milano e poi di lì a
Napoli.
La tattica di questo vicerè fu sempre quella di attaccare, e da questa
sua prassi di governo non ne uscì indenne nemmeno lo Stato Pontificio.
Il duca
d'Alba pensava che Paolo IV, pur essendo napoletano, si era dimostrato poco
amico verso il suo sovrano, anzi addirittura ostile alla sua nazione.
Effettivamente questo papa aveva fatto imprigionare alcuni sudditi spagnoli che
lavoravano nello stato. Il vicerè accusò apertamente il pontefice di queste
sue presunte colpe, nonchè di nepotismo a danno dell'impero spagnolo ed il papa
a sua volta accusò il duca d'Alba di minacciare la Chiesa e ventilò l'idea di
scomunicare il re di Spagna e di togliergli l'investitura feudale del regno di
Napoli.
Filippo II partì all'attacco ordinando al duca d'Alba di entrare nel
territorio pontificio con 12.000 fanti dei quali 8.000 erano italiani: dopo
questa spedizione guidata da condottieri illustri come Vespasiano Gonzaga,
Garcia da Toledo, Marcantonio Colonna, il conte di Popoli e Bernardo d'Aldano,
ebbe occupate in breve tempo alcune terre dello Stato della chiesa, da ambo le
parti si cercò una tregua.
Il cardinale Pietro Pacheco fu inviato in Spagna per trattare personalmente con Filippo II, mentre truppe francesi comandate dal duca
di Guisa si dirigevano contro il regno di Napoli.
Tutto questo apparato
servì a stipulare un accordo fra lo Stato della Chiesa e la Spagna. Il papa
allontanò l'idea della scomunica confermando l'investitura sul regno di Napoli
a Filippo II, promettendogli che non si sarebbe più alleato con la Francia e il
re fece atto di obbedienza a Paolo IV, sgombrando tutti i territori occupati.
Nel 1558 Ferdinando Alvarez de Toledo rientrò in patria e fu sostituito da
Manriquez de Lara, questo nuovo vicerè viene ricordato solo per le liti con
alcune famiglie nobili che volevano partecipare attivamente all'amministrazione
della capitale.
Dopo quattro mesi venne sostituito da un luogotenente,
Bartolomeo de la Cueva, cardinale di Santa Croce in Gerusalemme.
Anche questi
rimase poco tempo per dare finalmente posto al nuovo vicerè, don Pedro Afan de
Rivera, duca di Alcalà, il quale si distinse per l'indifferenza verso le
sofferenze dei cittadini colpiti dalla carestia e da tre terremoti e per la
malvagità dimostrata verso gli eretici valdesi che erano in Calabria, fra i
quali fece circa 2.000 vittime.
Egli tentò anche di introdurre a Napoli
l'Inquisizione, ed infatti nel 1564 avvennero dei processi che portarono al rogo
in piazza Mercato alcuni eretici di Caserta e di Aversa.
Poi fu attaccato dai
membri dei vari seggi, specialmente quelli di Capuana, per aver confiscato agli
eretici dei beni in contrasto con quanto aveva disposto Giulio III nel 1554. Il
popolo si sollevò ed il vicerè fu costretto a rifugiarsi in Castel Nuovo, ma
poi venne a patti e la rivolta non degenerò.
I rapporti tra lo Stato della
Chiesa ed il vicereame si intorbidirono nuovamente quando Pio V (
Questo papa pontificò dal 1556 al 1572 ed è ricordato per aver scomunicato
Elisabetta d'Inghilterra. Sotto i suoi auspici si costituì la lega Cattolica
che il 7 ottobre del 1571 ebbe la famosa vittoria sui Turchi a Lepanto. La
Chiesa commemora questa ricorrenza con la festività della Vergine della
Vittoria. Alla battaglia parteciparono 114 galee di Venezia al comando di
Sebastiano Venier ed Agostino Barbarigo; 81 galee spagnole comandate da Giovanni
Andrea Doria di Genova; 12 galee pontifice al comando di Marcantonio Colonna
oltre a tre sabaude comandate da Andrea Provana e tre dei Cavalieri di Malta.
Queste navi trasportarono 20.000 uomini, quasi tutti italiani e moltissimi
napoletani. La spedizione era al comando di don Giovanni d'Austria. Le forze
avversarie erano costituite da 208 galee e di altri 70 legni leggeri. Il
pontefice morì nel 1572 per i disagi patiti; fu poi canonizzato nel 1712. Lo
stendardo del corpo di spedizione è conservato nella Cattedrale di Gaeta mentre
l'effige della Vergine della Vittoria si venera a Napoli nella chiesa di
Sant'Orsola a Chiaja) decise di inviare nella capitale in visita
apostolica il vescovo di Stromboli Tommaso Orfini che commise l'indelicatezza di
non presentarsi al vicerè. Si ventilarono scomuniche ma poi tutto si appianò
con l'intervento di Filippo II. Durante il viceregno dell'Alcalà fu organizzata
una lotta accanita al banditismo, specialmente contro un brigante che si faceva
chiamare "re Morcone" che era riuscito a costituirsi una banda di ben
1.500 uomini, metà dei quali agiva a cavallo: egli aveva inflitto alle truppe
spagnole perdite così numerose da far pensare quasi ad un movimento
insurrezionale.
Il duca d'Alcalà morì a Napoli nel 1571. Fu sostituito dopo un
breve governo del consiglio collaterale con a capo il marchese di Trevico, dal
cardinale Antonio di Granvelle Perrenot che era stato consigliere di Carlo V,
che consegnò a don Giovanni d'Austria (figlio illegittimo di
Carlo V) lo stendardo e il bastone di comando che il
pontefice gli aveva inviato quale comandante supremo della flotta
allestita contro i Turchi. Dopo la morte di Pio V il nuovo papa, Gregorio XIII (il
bolognese Ugo Boncompagni che pontificò dal 1572 al 1585) offrì al
vicerè un alto incarico a Roma ma egli rifiutò e preferì rimanere a Napoli,
aggravando lo stato di disagio e d'incomprensione con Roma. Il cardinale
Granvelle si inimicò anche don Giovanni d'Austria e così nel 1575 venne
destituito e sostituito con Innigo Lopez Hurtado de Mendosa, Marchese di
Montejar. Questo vicerè si distinse per i diverbi con don Giovanni d'Austria ed
anche lui dopo quattro anni di governo venne sostituito dal secondo genito del
conte di Miranda, Juan de Zuniga, che governò fino al 1582, senza nessun
particolare rilievo se non la partecipazione con alcune galee nella guerra fra
Spagna e Portogallo.
Il sostituto don Pedro Tellèz Giròn duca di Ossuna, si
fece ricordare per la mania di imporre divieti e per aver vendicato la morte di
un eletto del popolo un certo Vincenzo Storace, con 500 arresti e 31 pene
capitali. Le vittime furono decapitate e dei loro cadaveri fu fatto scempio; le
mani e le teste mozzate furono appese in una gabbia di ferro nei pressi
dell'abitazione dello Storace.
Venne sostituito nel 1586 dal conte di Miranda
Juan de Zunica. Questo vicerè si dimostrò un abile diplomatico ma soprattutto
uno dei più onesti e temperati vicerè di Napoli del secolo XVI. Nel 1595 gli
successe il conte Olivares, Enrico di Guzmàn: valoroso guerriero che era stato
ambasciatore a Roma e vicerè in Sicilia. Durante il suo governo ricominciò la
guerra fra la Spagna e la Francia. L'Olivares cercò di convincere il pontefice
Clemente VIII (Ippolito Aldobrandini, pontificò dal 1592 al
1605. Avrebbe dovuto incoronare poeta Torquato Tasso; è ricordato per i
processi a Beatrice Cenci -decapitata- e a Giordano Bruno- accusato di
eresia e arso vivo-) a non riconoscere il re di Francia Enrico
di Borbone, re di Navarra, che si dichiarava disposto a convertirsi al
cattolicesimo se il papa lo avesse consacrato re: il pontefice riconobbe invece
la sovranità di Enrico sulla Francia.
Nel luglio 1599 fu sostituito dal conte
di Lemos Ferdinando Ruiz de Castro, al quale si deve l'inizio della costruzione
del Palazzo Reale di Napoli è nel suo periodo avvenne anche la congiura di
Tommaso Campanella (filosofo, Domenicano, fu accusato di
eresia e di cospirazione antispagnola. Arrestato fu condannato nel 1602: in
carcere per 27 anni, poi a Roma sotto la sorveglianza di Urbano VIII, nel 1633
si rifugiò in Francia, dove pubblicò le opere scritte in carcere. Seguace del
naturalismo di Telesio, volle dare dell'universo una spiegazione razionale,
considerandolo un tutto vivente e sensibile, immagine di Dio, avente la sua
unità e il suo fondamento nell'autocoscienza).
Il19 ottobre 1601 il
vicerè morì, dopo un viceregno breve ma denso di avvenimenti.
Le caratteristiche principali di questo primo secolo di viceregno è da considerarsi un periodo negativo per la vita del popolo napoletano. Purtroppo per il veloce succedersi degli avvenimenti non è stato possibile approfondire gli argomenti e si è dovuto sintetizzare forse più del dovuto.
Il secondo secolo di viceregno inizia con il successore del conte di Lemos, suo figlio don Francisco Domingo Ruiz de Castro y Portugal, di appena venti anni: il 5 aprile del 1603 però il giovane fu nominato ambasciatore a Venezia e lasciò Napoli. Losostituì il conte di Benavente Juan Alfonso Pimentel de Herrera, egli governò fino al 1610 ma fu alieno dal prendere qualsiasi iniziativa, seppe solo essere severo con coloro che facevano del mercato nero, fece razionare il pane ed aumentò le imposte dei generi di prima necessità. La sua amministrazione fu così approssimativa che nel 1605 da Madrid fu ordinata un'inchiesta, essendo giunta voce della corruzione che regnava a Napoli. Vi furono parecchi processati e giustiziati. Il Pimentel de Herrera fu sostituito dal secondo conte di Lemos, Pedro Fernandez de Castro.
Elenco dei Vicerè spagnoli:
Consalvo di Cordova (14/5/1503 - 1507);
Giovanni d'Aragona, conte di Ripacorsa (1507 - 1509);
Raimondo di Cardona (1509 - 1522);
Carlo di Lannoy (1522);
Andrea Carafa, conte di S. Severina (1524);
Hugo de Moncada (1527 - 1528);
Filiberto di Chalons, principe d'Orange (1528 - 3/8/1530);
card. Pompeo Colonna (1530 - 1532);
Pedro de Toledo, marchese di Villafranca (1532 - 1553)
card. Pedro Pacheco (l.g.) (1553);
Bernardo de Mendoza (1555);
Fernando Alvarez de Toledo, duca d'Alba (1556 - 1558);
Federico de Toledo (1558);
Pedro Afan o Perafan de Ribera, duca d'Alcalà (12/6/1559 - 2/4/1571);
Card.Antoine Perrenot de Granvelle (19/4/1571-18/7/1575);
Inigo Lopez de Hurtado de Mendoza, marchese di Mondéjar (1575-1579) ;
Juan
de Zuniga Y Requesens
(1579 - 1582);
Pedro Giron, duca d'Ossuna (1582 - 1586);
Juan de Zuniga Y Avellaneda, conte di Miranda (nov. 1586 - nov. 1595);
Enriquez de Guzman, conte d'Olivares (1595 - 1599);
Fernando Ruiz de Castro, conte di Lemos (lug. 1599 - 19/10/1601);
Francisco de Castro (l.g.) (1601-1603);
Juan Alfonso Pimentel de Herrera, conte di Benavente (1603 - 1610);
Pedro Fernando de Castro, conte di Lemos (giu 1610 - giu 1616);
Pedro Telez Giron, duca d'Ossuna (26/6/1616 - 3/6/1620);
Card.
Gaspar de Borja o Gaspare Borgia (l.g.) (6/6/1620 - 14/12/1620);
card. Antonio Zapata (l.g.) (dic. 1620 - dic. 1622);
Antonio Alvarez de Toledo, duca d'Alba (dic. 1622 - 1629);
Fernando Afan de Ribera, duca d'Alcalà (1629 - inizi 1631);
Manuel de Guzman, conte di Monterey (14/5/1631 - 12/11/1637);
Ramiro Felipe de Guzman, duca di Medina di Las Torres (13/11/1637 - 1644);
Juan Alfonso Enriquez de Cabrera, ammiraglio di Castiglia (1644 - inizi 1646);
Rodrigo Ponce de Leon, duca d'Arcos (11/2/1646 - 15/1/1648);
Giovanni d'Austria (gen.1648-mar.1648);
Inigo Velez de Guevara, conte d'Onate (mar.1648-1653);
Garcia d'Avellaneda, conte di Castrillo (12/2/1654-11/2/1659);
Gaspar de Guzman, conte di Peñeranda (11/2/1659 - set 1664);
Card. Pascual de Aragon o Pasquale d'Aragona (fine 1664 - 1666);
Pedro Antonio d'Aragona, duca di Segorbe (1666 - 1671);
Federico di Toledo, marchese di Villafranca (1671);
Antonio Alvarez Osorio, marchese d'Astorga (1672 - 1675);
Fernando Gioacchino Fajardo, marchese di Los Velez (1675 - 1683);
Gaspar Mendez de Haro, marchese del Carpio (1683 - 1687);
Francesco Benavides, conte di S. Stefano (1687 - 1696);
Luis Francisco de la Cerda, duca di Medinaceli (1696 - 1702);
Juan Manuel Fernandez Pacheco de Acuna, duca d'Escalona e marchese di Villena (1702 - 6/7/1707).
Elenco dei Vicere' d'Austria 1707-1734
Il seguente è un elenco cronologico dei viceré austriaci che governarono il Regno di Napoli, dall'invasione asburgica del 1707 fino al 1734, anno in cui Carlo di Borbone (VII secondo l'investitura papale) riconquistò il regno.
Il primo vicerè austriaco, il conte di Martinitz, venuto al seguito dell'esercito imperiale, il 7 febbraio del 1707, come se si fosse trattato di un semplice avvicendamento, prese possesso del Palazzo Reale di Napoli, sede del governo, che fino al giorno prima aveva ospitato l'ultimo vicerè spagnolo.
Georg Adam, conte di Martinitz (7/7/1707 - 31/10/1707)
Philipp Wirich Lorenz, conte di Dhaun (1/1/1707 - 30/6/1708) [1° mandato]
card. Vincenzo Grimani (1/7/1708 - 27/ 9/1710)
Carlo Borromeo, contre d'Arona (27/9/1710 - 20/5/1713)
Philipp Wirich Lorenz, conte di Dhaun (20/5/1713 - 4/7/1719) [2° mandato]
Johann Wenzel, conte di Gallas (4/7/1719 - 25/7/1719)
Wolfgang Hannibal, [conte]] di Schrattenbach (25/7/1719 - 1721)
Marcantonio Borghese,principe di Sulmona (1721 - 1722)
card. Michael Friedrich, conte di Althann (1722 - 1728)
Francisco Joaquim Fernández Portocarrero, marchese di Almahara (31/7/1728 - 9/12/1728)
Aloys
Thomas Raimund, conte
di Harrach (9/12/1728 - 12/6/1733)
Giulio Borromeo Visconti, conte della Pieve di Brebbia (12/6/1733 - 1/6/1734)
Con l'investitura di Carlo VII di Borbone e la presa di possesso del Regno di Napoli, termina il periodo di viceregno,
CONTINUA...